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27/04/2018

Perché Facebook ci segue anche fuori da Facebook?

Il social network spiega come mai raccoglie le informazioni degli utenti anche quando questi non si trovano sul social network, ma nel ricordare che non vendono dati, fa i nomi degli altri servizi che funzionano allo stesso modo

Cosa è in grado di conoscere Facebook sui suoi utenti quando sono sul social network e anche quando non ci sono? Nel corso della seconda audizione al Congresso degli Stati Uniti, Mark Zuckerberg era stato incalzato da almeno due deputati in merito ai dati che il social network raccoglie anche fuori dalle mura di Facebook.

Adesso David Baser, Product Manager Director, affida a un lungo post la spiegazione del meccanismo, specificano che gli oltre 40 “follow up” comunicati al Senato e alla Camera saranno recapitati alla politica come promesso. Ma intanto, provvede a fornire uno schema del funzionamento al quale forse, prima di Cambridge Analytica, i più non avevano prestato attenzione.

Quali servizi esterni a Facebook portano dati a Facebook?
Tanto per cominciare, si parla degli strumenti che consentono al social di raccogliere informazioni. Ci sono i social plug-in, cioè i pulsanti “Mi piace” e “Condividi” che si trovano sui siti esterni; il login via Facebook, vale a dire il meccanismo con il quale potete autenticarvi su siti e applicazioni grazie al profilo esistente social network.

Ancora, attraverso strumenti utilizzati dalle aziende e ai quali probabilmente un utente comune non ha mai pensato: Facebook Analytics, che web e app usano per capire in che modo gli utenti usino i loro servizi e Facebook Ads e relativi strumenti di misurazione che aziende e servizi usano per poter pubblicare la propria pubblicità su Facebook e calcolarne la portata ed efficacia.

“Quando visiti un sito o un’app che utilizza i nostri servizi, riceviamo informazioni anche se sei disconnesso o non hai un account Facebook. Questo perché altre app e siti non sanno chi stia usando Facebook”.
Quello che Zuckerberg ha provato a fare nel corso delle audizioni con molta parsimonia, cioè far notare che la sua azienda non offre strumenti dissimili da quelli messi sul piatto da altri giganti tech, David Baser lo mette nero su bianco. “Molte aziende offrono questi tipi di servizi e, come Facebook, ricevono anche informazioni dalle app e dai siti che li utilizzano. Twitter, Pinterest e LinkedIn hanno tutte i pulsanti “Mi piace” e “Condividi” simili. Google ha un servizio di analisi popolare (Analytics, ovviamente, ndr). E Amazon, Google e Twitter offrono tutte le funzionalità di accesso. Queste aziende – e molte altre – offrono anche servizi pubblicitari. Infatti, la maggior parte dei siti Web e delle app invia le stesse informazioni a più società ogni volta che le visiti”.

Questo, tanto per riportare in ordine nomi e cognomi dei protagonisti di un sistema che è stato messo sotto la lente di ingrandimento come se Zuckerberg fosse l’unico a praticarlo.

Quali dati prende Facebook da questi strumenti su app e siti terzi?
Il post prende ad esempio un sito: quando se ne visita uno, il browser, qualunque esso sia, invia una richiesta al server del sito. Condivide quindi il tuo indirizzo IP (come fosse “l’indirizzo di casa” della connessione) in modo che il sito sappia in quale punto della rete recapitare il contenuto del sito. Il sito riceve anche informazioni sul browser e sul sistema operativo visto che le funzionalità cambiano da uno all’altro. Riceve anche i cookie, che sono identificatori che i siti utilizzano per sapere se li hai già visitati e garantire prestazioni come “salva nel carrello”.

Il sito web, dal canto suo, invia due cose al browser: in primo luogo, i contenuti e le istruzioni per il browser, che può inviare la richiesta alle altre società che forniscono contenuti o servizi sul sito. “Riceviamo anche informazioni su quale sito web o app stai utilizzando, che è necessario sapere quando fornire i nostri strumenti” spiega il testo.

Ancora una volta, Baser tira in mezzo la concorrenza, per far capire che non si tratta di niente che non succeda anche altrove: “Ad esempio, quando vedi un video di YouTube su un sito che non è YouTube, indica al tuo browser di richiedere il video da YouTube. YouTube, poi, te lo invia”.

Cosa ci fa, Facebook, con quei dati?
Rimandando alla Normativa sui dati, fresca fresca di restyling, Facebook ribadisce quello che Zuckerberg ha detto al Congresso. I dati ottenuti da siti e app terze vengono utilizzati per: “fornire il servizio a quegli stessi siti, migliorare la sicurezza, e quella del social nello specifico, migliorare i propri prodotti e servizi”.

Prima di tornare con qualche dettaglio sul funzionamento del tutto, Baser prosegue

"Non vendiamo i dati degli utenti. Punto."

Facebook riprende la lista di strumenti snocciolata all’inizio per fare qualche esempio di come si appai alla raccolta dati. Soffermiamoci su quello che viene percepito, solitamente, come il più controverso, cioè gli annunci pubblicitari: “Facebook Audience Network consente ad altri siti web e app di mostrare annunci pubblicitari di Facebook. Quando riceviamo una richiesta per mostrare un annuncio Facebook Audience, dobbiamo sapere dove inviarlo, quindi il browser e il sistema operativo utilizzati da una persona. I cookie e gli identificativi del dispositivo ci aiutano a capire se la persona utilizza Facebook”.

In questo modo, se non lo facessero, Facebook può indirizzargli un annuncio che lo incoraggia a iscriversi. Se invece sono iscritti, ben venga: gli saranno mostrati gli annunci degli stessi inserzionisti che li indirizzano su Facebook. “Possiamo anche usare il fatto che hanno visitato un sito o un’app per mostrare loro un annuncio di quella attività – o uno simile – su Facebook”. Non solo: “Le persone con account Facebook vedranno annunci di Facebook Audience dagli stessi inserzionisti che li hanno indirizzati su Facebook”.

Che controllo rimane agli utenti?
Baser ricorda che si possono modificare le preferenze del News Feed, per indicargli cosa si preferisce o non si preferisce vedere ma soprattutto, impostare le preferenze relative alle inserzioni. Queste ultime mostrano gli inserzionisti di cui l’utente vede gli annunci perché ha visitato i loro siti o app. Possono essere rimossi per interrompere la visualizzazione dei loro annunci. Inoltre, si possono disattivare completamente questo tipo di annunci, in modo da non visualizzare mai annunci su Facebook basati alle informazioni ricevute da terzi.

“Infine, se non vuoi che usiamo i tuoi interessi di Facebook per mostrarti annunci su altri siti web e app, c’è anche un controllo per questo“.

Ovviamente, l’alternativa è quella di scegliere tra pubblicità mirate e pubblicità più a casaccio. Ad ogni modo, mai troppo. Scegliendo “No” nella sezione dedicata a “Inserzioni su applicazioni e siti Web fuori dalle aziende di Facebook”, viene specificato che: “Vedrai ancora le inserzioni, ma non saranno così pertinenti per te“. E che, comunque, le inserzioni potrebbero comunque essere stranamente calzanti per via di dettagli come “La tua età, il genere o il luogo”; “I contenuti nell’app o nel sito web che stai usando”; “La tua attività fuori da Aziende di Facebook“.

L’accerchiamento c’è, ma almeno è chiaro per tutti.

Fonte: https://www.wired.it/internet/social-network/2018/04/17/facebook-dati-privacy-utenti/

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